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LIBERE, DISOBBEDIENTI, INNAMORATE - In Beetwin

A cura di Alessandra Merola




Titolo originale: Bar Bahr

Produzione: DBG/ deux beaux garcons,

En Compagnie Des Lamas

Paesi: Israele Francia, 2016

Distribuzione: Tucker Film

Durata: 96 ‘

Genere: drammatico

Regista e sceneggiatrice: Maysaloun Amoud

Interpreti: Sana Jammelieh;

Shaden Kanboura; Mouna Hawa

Fotografia: Itay Gross

Musiche: MG Saad

Premi e riconoscimenti:

- Vincitrice del premio NETPAC Award for World/ International Asian Film Premiere durante il Toronto Festival con il film Bar Bahar, tradotto in italiano con Libere, disobbedienti e innamorate

    - Premio Giuria Giovani,

    - San Sebastian Film Festival

- Migliore Opera Prima Haifa Inernational Film Festival con il film Bar Bahar, 2017

- Cannes Film Festival, Premio Women in Motion Young Talents Award

SINOSSI

T
re ragazze palestinesi condividono un appartamento nella vivace e cosmopolita Tel Aviv. Sono giovani, coltivano il sogno di una non facile realizzazione professionale e sentimentale: Leila è una penalista, spregiudicata e apparentemente forte; Salma è un Dj che deve nascondere alla famiglia la sua omosessualità; Noor è una studentessa di informatica alle prese con un fidanzato tradizionalista e violento.

La regista narra, alternando in modo intelligente umorismo e dramma, le vicende che avvicineranno le tre giovani dalla personalità tanto differente e le condurranno a scoprire la solidarietà e l’amicizia.

LA REGISTA – MAYSALOUN HAMOUD




Maysaloun Hamoud è una regista palestinese nata a Budapest nel 1982, ma cresciuta a Dir Hanna, in un villaggio a nord di Israele; dopo un master in Storia del Medioriente presso l'università ebraica di Gerusalemme, si è laureata alla Minshaar Film School nel 2012. Da alcuni anni vive a Jaffa. Dal 2010 al 2013 è stata responsabile della comunicazione per il programma di emancipazione palestinese Sadaka. Dal 2009 fa parte del gruppo Palestinema che riunisce un gruppo di cineasti il cui scopo è quello di far conoscere la cultura araba in una società in cui essa è una delle tante minoranze, attraverso la proiezione di lungometraggi nel cinema Saraya di Jaffa.

Libere, disobbedienti e innamorate-In Between è il suo primo lungometraggio, dopo i corti Shades of Light(2009), Scent of Morning (2010) eSalma(2012).

RECENSIONE

Il titolo originale del lungometraggio è Bar Bahr, che in arabo significa tra terra e mare, in ebraico suona né qui, né altrove, e sembra alludere alla difficoltà dei giovani palestinesi, e in particolare delle protagoniste, di trovare una giusta collocazione oltre il retaggio culturale e religioso della famiglia, da cui si stanno allontanando, senza per questo volersi appiattire sul modello occidentale. La nuova generazione di arabi di Israele vuole mantenere, pur rinnovandola profondamente, la propria specifica identità, anche se deve fare i conti con gli stereotipi e l’intolleranza della vecchia.

 Il film presenta la vita di tre giovani donne palestinesi che dividono un appartamento a Tel Aviv, in Israele. La città di Tel Aviv è situata sulla costa del mar Mediterraneo, al centro dell’area metropolitana più grande e più popolosa dello Stato ( cica 4 milioni di abitanti) e viene considerata la capitale economica. Non ci deve stupire che delle ragazze palestinesi abbiano posto lì la loro residenza, perché oltre alla maggioranza ebraica, vi è un 3% di abitanti arabi musulmani e un 1%  di arabi cristiani.

Significativo anche il fatto che Tel Aviv sia la capitale indiscussa delle start up con ben 2700 imprese, che attirano grandi investitori da tutto il mondo; le iniziative economiche vedono protagonisti molti giovani.  Sul piano culturale un vivace ceto intellettuale partecipa a grandi eventi, manifestazioni, conferenze e concerti.

In questo ambiente sociale e culturale indubbiamente giovane e stimolante, si potrebbe pensare che le nostre protagoniste, sorprendentemente emancipate, possano vivere un’esistenza libera e piacevole. Ma non è così. Tutte e tre hanno avuto accesso all’istruzione e tentano di realizzarsi sul piano professionale: Leila è un’avvocatessa penalista, Salma è una DJ proveniente da una famiglia arabo-cristiana, Noor è una studentessa musulmana osservante, originaria di Umm al Fahm, città conservatrice e bastione in Israele del Movimento islamico. Ambiscono, come è ovvio, ad una realizzazione sul piano lavorativo, ma anche sentimentale; però si scontrano con le famiglie di origine, che a vario titolo e con sfaccettature diverse sono retrograde e legate alla tradizione, e con gli uomini con cui hanno un legame sentimentale o familiare, fidanzati o padri. Il fidanzato di Noor, ad esempio, la vuole sottomessa e bigotta. I genitori di Salma, arabi cristiani, non accettano l’omosessualità della figlia; Leila deve respingere il ragazzo di cui si è innamorata che la vuole “normalizzare” e costringere ad assumere i comportamenti che la società tradizionalista e maschilista considera giusti.

La tradizione e le spinte conservatrici ostacolano il loro desiderio di essere libere, di vivere fedeli a se stesse,” senza tradire la propria voce interiore”, come ha ben detto la protagonista Mouna Hawe ((Leila) in una recente intervista. E proprio il personaggio di Leila si esprime con grande chiarezza ad un certo punto del racconto, rivolgendosi all’ uomo di cui è innamorata, che le suggerisce un ipocrita perbenismo sociale : “Io non cambierò mai il mio stile di vita”. Il che non si deve intendere come la volontà di seguire il modello femminile occidentale in nome di un superficiale anticonformismo: Leila infatti fuma una sigaretta dopo l’altra; si veste in modo moderno e non vuole affatto nascondere il suo corpo; fa uso di alcol e di droghe; combatte sul piano lavorativo con grinta e testardaggine; ha atteggiamenti spregiudicati. Ma soprattutto ha chiaro che la sua dignità di donna non si può barattare con nulla, che è necessario non cedere a nessun ricatto pur di mantenersi fedele a se stessa, pur di non rinunciare ai diritti delle donne, anche se questo può costare molto caro. Un personaggio, dunque, forte, ma anche fragile nel suo legittimo desiderio di una corrispondenza amorosa: il rapporto con l’Altro da sé rimane un’aspirazione forte, che rischia di essere frustrata da un maschile che non sta al passo, che si incarna in figure pavide e incerte, che non riescono a prendere debitamente le distanze da un modello familiare e sociale di tipo patriarcale.

Anche le altre due ragazze, la DJ Salma, dal look ultramoderno con tanto di piercing e tatuaggi, che non rinnega la sua omosessualità, e la mite Noor, musulmana osservante che non rinuncia a studiare nonostante le insistenze di un fidanzato ipocrita e prevaricatore,  devono fare i conti  con una società ancora fondamentalmente conservatrice, dove troppo spesso il destino delle donne non viene deciso da loro.

 La giovane e brava regista, Maysaloun Hamoud, afferma che questo suo primo lungometraggio è stato realizzato perché abbia un forte impatto sui costumi e la mentalità comuni e perché arrivi ad un vasto pubblico. Il suo fine, chiaramente espresso nelle interviste, è quello di dare voce alle donne “perché la realtà diventi un posto migliore”. La giovane cineasta vuole che il suo messaggio sia universale, perché non intende rivolgersi soltanto alle donne arabe; ad esempio afferma che la violenza e l’intolleranza prodotte da un malinteso senso della religione (una religione che viene usata come un potere) non riguarda solo il mondo musulmano. La trama si snoda in modo lineare, i personaggi sono ben disegnati ed efficaci e sono interpretati dalle giovani attrici con sensibilità e bravura. Il tema della solidarietà tra donne, che corre lungo tutto il film, ne rappresenta il filo conduttore ed è rappresentato a volte con leggerezza e umorismo, a volte con tenera delicatezza. Lo sguardo femminile e consapevole della regista, che è anche la sceneggiatrice, guida le spettatrici e gli spettatori attraverso le vicende, a momenti drammatiche, delle tre protagoniste, che si rivelano forti e piene di vita nonostante tutto. La scena finale ce le mostra insieme sulla terrazza della casa dove vivono, nel corso di una festa, e sullo sfondo appare la città di notte, pulsante di luci: sui loro volti l’incertezza della loro condizione e un’ombra di malinconia. Ma non sono sole.



 
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